Se la poesia fosse l’arte di mettere l’acqua del mare in un bicchiere e se, analogamente, la pittura fosse l’arte di liberare tutti i colori dell’arcobaleno rinchiusi in un tubetto, allora un uomo, che si scoprisse pittore, e poi anche poeta, potrebbe essere in grado di ‘ascoltare’ con i suoi occhi il ‘mondo’ ed estrarne tanta e tale ‘sostanza’ artistica da soddisfare la propria così come altre ed egualmente luminose ispirazioni. Esattamente come è successo con i versi che Rafael Alberti ha dedicato agli angeli. Ma non agli angeli propriamente cristiani, corporei, quelli dei quadri e delle sculture dell’arte medioevale o classica, ma quelli la cui presenza risulta assolutamente ‘periferica’. Angeli di|versi per l’appunto, diversi cioè
da quelli canonici dell’angelologia teologica o più semplicemente religiosa. Angeli che nella natura umana (di cui sono specchio) riflettono la propria innocenza (o impurità) intrecciando
terrestrità e celestialità, e che solo formalmente rispettano l’iconografia e la simbologia cattolica. E da questi angeli di|versi Giuliano Baglioni si è lasciato sedurre, attratto dalla memoria della luce incarnata nelle poesie albertiane. E sono stati quadri sgorgati con urgenza e naturalezza dalle sue matite&pennelli, dai suoi rulli&carte, armonizzando su tavola – con la maestria artigiana della sua terra – emozioni non più soggettive ma collettive, utilizzando gli strumenti più adatti per vedere – e farci vedere – con altri e più consapevoli occhi la materia angelica dell’uomo.
Baglioni ha fatto sua la poetica di Rafael Alberti per comporre, quindi, non una semplice teoria
di quadri estemporanei, ma una vera e propria opera d’arte, compiutamente originale, dove la luce (simbolo angelico per eccellenza) trova il suo limite nelle ‘gocce’ di colore & acquaragia che segnano il confine all’agire dei ‘suoi’ angeli, e dal quale spazio questi stessi angeli, a volte però, si ritraggono, scegliendo per sé i disagi dei Sagrati piuttosto che gli agi del Paradiso, quegli spazi intermedi, cioè, dove sacro e profano si accettano, entrambi scettici. Angeli che, al contrario delle scintille che si credono stelle, brillano negli illimiti margini
dell’umiltà. Ma l’influenza diretta dei versi albertiani s’arresta – per così dire – di fronte ad una pittura che non è imitazione o colore a buon mercato o industriale, che sfrutta cioè i molti ‘angeli’ (dell’Amore, dell’Armonia) a disposizione come fossero patinati prodotti da catalogo commerciale. Così il piccolo ‘mare’ di Giuliano Baglioni, un artista capace, nel corso degli anni, di comporre «…un puzzle del tutto originale di una sua poetica, intrigante, creatività», è uscito ancora una volta dai tubetti e si è infilato nel bicchiere – per fortuna mai colmo – della Poesia.
Aldo Lo Presti
- Angelo pensatore
- Angelo sciocco
- Angeli muti